domenica 23 maggio 2010

APPUNTI SPARSI - MAGGIO 2010

Ieri ho suonato. Pochi minuti. Riscaldamento escluso, una decina, al massimo. C'è voluto quasi più tempo a tirar fuori la vecchia simil Fender bianca ed un cavo decente, che limitasse (per quel che era possibile) le scariche da falso contatto. Non ho potuto usare il pick-up al manico, perché la leva su quella posizione ormai dà noise fisso, ma ho rimediato un suono molto simile, spostandola di una tacca verso il centro e cambiando un po' i settaggi dei toni sullo strumento. L'amplificatore non ho voluto toccarlo, però. Ho attivato la saturazione valvolare, lasciando tutto esattamente come quando lo usavo in sala prove o sul palco. E i sessanta watt valvolari del buon vecchio Super 60 hanno ripreso magicamente a fare il loro sporco lavoro. Immutato ed impermeabile alla polvere, alla ruggine ed al tempo, l'intreccio tra valvole e quella sei corde, che non butto solo per amore, come per incanto, mi dava ancora quello stesso suono di una volta. 
Le mani, però, non erano più le stesse. Le mie mani, non più allenate, perdevano il tempo, segnando imprecisioni su imprecisioni. Lo stile era ancora quello di sempre: nevrotico, tagliente, ossessivo, come solo gli stilemi di quella mistura di blues e rock, contaminata da frustrazioni metalliche, può essere. Ho registrato un solo di un paio di minuti. Le sensazioni che ho appena trascritto sono, infatti, quelle del riascolto. Perché mentre suonavo, anche se non c'erano basso e batteria a farmi da contrappunto, anche se le dita erano tutt'altro che sciolte, anche se la cosa è durata solo pochi istanti... Beh, mentre suonavo, per qualche secondo io ero di nuovo lì. Lì, in quella dimensione di sospensione onirica che, più di ogni altra cosa, mi faceva stare bene. Per qualche secondo. Pochi attimi di gioia, interrotti dal suono insistente del telefono. 
Era Valeria. Voleva sapere quanto ancora ho intenzione di farla aspettare prima di raccontarle cosa ho scoperto. Gran bella domanda. Davvero bella.